venerdì 12 ottobre 2012

Il sapere e l'Ignoto




Stavamo aspettando il treno, che era in ritardo. Lo spiazzo della stazione era sporco e rumoroso, l’aria corrotta. C’erano molte persone in attesa, come noi. Dei bambini piangevano, una madre stava allattando il suo piccino, i venditori urlavano esibendo la loro merce, tè e caffè si vendevano in abbondanza, sì che la stazione era un luogo quanto mai indaffarato e rumoroso. Passeggiavamo su e giù per il piazzale, guardando dove mettevamo i piedi e il fermento di vita intorno a noi. Un uomo ci venne incontro e cominciò a parlare in un inglese stentato. Disse che ci osservava da un pezzo e si era sentito spinto a rivolgerci la parola. Con molto sentimento promise che avrebbe condotto una vita ammodo e che da quel momento non avrebbe fumato più. Disse di non avere ricevuto né istruzione né educazione, era soltanto un tiratore di risciò. Aveva occhi energici e un sorriso simpatico.
Finalmente arrivò il treno. Nella vettura, un uomo si presentò. Era un erudito di notevole fama; conosceva molte lingue e ricorreva frequentemente a citazioni ora nell’una ora nell’altra. Era carico di anni e di sapere, molto dabbene e ambizioso. Parlò della meditazione, ma dette l’impressione che non parlasse per esperienza sua propria. Il suo dio era il dio dei libri. La sua visione della vita era tradizionale e conformistica; credeva nei matrimoni precoci, stabiliti in precedenza e in norme di vita molto severe. Aveva sempre presenti la sua casta o classe e le differenze nelle capacità intellettuali delle caste. Era bizzarramente vano del suo sapere e della sua posizione sociale.
Il sole stava tramontando e il treno correva per una deliziosa campagna. Il bestiame tornava nelle stalle e nell’aria era sospesa una polvere d’oro. Nuvoloni neri, enormi, incombevano all’orizzonte e s’udì a un tratto il lontano rombare del tuono. Quanta gioia è in un gran campo tutto verde e che ameno spettacolo quello di un villaggio raccolto nella piega di una montagna ricurva! Si stava facendo buio. Un gran cervo azzurro brucava nei campi; non sollevò nemmeno il capo al passaggio rombante del treno.
Il sapere è un lampo di luce fra due tenebre; ma il sapere non può andare al di sopra e al di là di quelle tenebre. Il sapere è essenziale per la tecnica, come il carbone per la locomotiva; ma non può spingersi nell’ignoto. L’ignoto non si lascia cogliere nella rete del noto. Il sapere deve essere messo da parte perché l’ignoto sia; ma come è difficile ciò!
Noi abbiamo il nostro essere nel passato, il nostro pensiero si fonda sul passato. Il passato è il noto, e la risposta del passato getta sempre un’ombra sul presente, l’ignoto. L’ignoto non è il futuro, ma il presente. Il futuro non è che il passato che si fa strada a viva forza attraverso l’incerto presente. Questo iato, questo intervallo è colmo della luce intermittente del sapere, che ricopre la vacuità del presente; ma questa vacuità contiene il miracolo della vita.
L’accrescimento del sapere è come ogni altro accrescimento; offre una via di fuga dalla paura del vuoto, della solitudine triste, della frustrazione, dalla paura di essere niente. La luce del sapere è una tettoia delicata e fragile, sotto la quale si trova una tenebra che la mente non può penetrare. La mente ha paura di questo ignoto, onde si rifugia nel sapere, in teorie, speranze, immaginazione; e questo stesso sapere è un ostacolo alla comprensione dell’ignoto. Mettere da parte il sapere è un invito alla paura; e rinnegare la mente, che è il solo strumento di percezione che abbiamo, è rendersi vulnerabili al dolore, alla gioia. Ma non è facile mettere da parte il sapere. Essere ignoranti non è essere liberi del sapere. L’ignoranza è la mancanza di coscienza di sé; e il sapere è ignoranza quando non vi sia comprensione dei modi dell’io. La comprensione dell’io è affrancamento dal sapere.
Si può essere liberi dal sapere solo quando il processo di raccoglimento, il motivo di accumulo, siano intesi. Il desiderio di fare scorte è il desiderio di essere sicuri, certi. Questo desiderio di certezza mediante l’identificazione, mediante condanna e giustificazione, è la causa della paura, che distrugge ogni comunione. Quando c’è comunione, non c’è bisogno di accumulo. L’accumulo è resistenza chiusa in se stessa e il sapere rafforza questa resistenza. L’adorazione del sapere è una forma d’idolatria e non risolverà il conflitto e il dolore della nostra vita. Il mantello del sapere nasconde ma non può mai liberarci dalla nostra sempre più grande confusione, dal nostro crescente dolore. Le vie della mente non conducono alla verità e alla felicità che ne deriva. Sapere è negare l’ignoto.




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